Scritti dell’Artista

Tracce, impronte, segni, pittura che determina un’ idea, un progetto. Vuoto, assenza, sospensione, silenzio, equilibrio compositivo che costruisce, che afferma e rivela uno scopo, un’ ostinazione che nasce, si esaurisce e rinasce ancora nella quotidianità operativa che si nutre dell’essenza. Utopia, sogno che si concretizza e si materializza non solo con strumenti operativi ma anche e soprattutto con ciò che viene dall’ esigenza della nostra anima, del nostro pensiero e dalla nostra astrattezza.

Spiritualità che si manifesta nel racconto, non fabulatorio, ma cromatico, segnico, formale. Aggettivazioni, accezioni che si incontrano, si confrontano, si scontrano nell’ ossimoro consueto che non rivela, non spiega, non risponde, ma domanda, si interroga nell’ infinita e non risolta questione di quel mistero, di quell’ enigma, di quella sfuggente, affascinante e pericolosa ossessione che chiamiamo ARTE!

A.T. 2013

… Costruire con l’ assenza. Come dire, più che aggiungere, togliere, liberarsi del superfluo, arrivare all’ essenza delle cose, secondo il credo che la semplicità è una complessità risolta.

… Suonare con il silenzio. Come il bianco, considerato non colore, ma che in realtà contiene i sette colori dello spettro solare, così il silenzio, considerato non suono, può contenere tutti i suoni, i rumori, della nostra vita. Per sentire il suono del silenzio è importante porgersi in una situazione di ascolto particolare: non orecchio, ma anima.

… Vivere con il sogno. Possiamo vivere una realtà parallela a quella consueta, quotidiana, attraverso la nostra capacità di sognare, di guardare le cose con gli occhi della mente, per modificare, trasformare il mondo oggettivo in soggettivo e costruire, così, il nostro mondo.

A.T. 2009

Nella serie dei MONILI, gioielli in ceramica, c’è una felice sintesi tra ricerca cromatico-formale e decorazione. I Monili diventano, così, piccole sculture da indossare, pezzi unici e preziosi. Segni, perforazioni, concrezioni, tracce, spolverate metalliche o di terracotta, rendono questi oggetti affascinanti, originali ed eleganti esaltando la bellezza ed il mistero di un’ arte, quella ceramica, sempre in continua evoluzione e capace, come per magia, di unire in una linea temporale passato, presente e futuro.

A. T. 2007

Con  il ciclo delle – chiusure – iniziato nel 2005, la forma non dipinta si situa in una relazione di contrasto con le forme-forza dipinte che  la costringono in una zona evidenziata dal rapporto pieno- vuoto, materiale- spirituale, rumore- silenzio. Si porta ad una conclusione un progetto iniziato nella seconda metà degli anni ottanta, quando i segni sottrattivi, che prima non si incontravano mai, hanno iniziato ad incontrarsi generando una forma che nelle differenti combinazioni di entrata e di uscita è arrivata ad una zona di pausa, di riflessione e di compiutezza. E’ un momento pittorico che si rivolge in modo più attento all’ aspetto cromatico, luminoso,  pur mantenendo sempre forte l’ aspetto rigoroso del concetto e del progetto.

A.T. 2005

Con la ceramica si concretizza l’idea di essere non solo dentro la materia, ma di lavorare all’interno di un concetto che unisce i quattro e  lementi naturali. La terra (argilla) si unisce all’acqua (impasto) si asciuga all’aria (solidificazione) ed i colori si fissano con il fuoco (cottura). Quindi terra, acqua, aria e fuoco per dare forma ad una scultura che si crea proprio dalla parte mancante, assente. Infatti, togliendo la materia, avanza lo spazio e il vuoto che entra modifica la struttura. Nelle opere dove è presente sia l’elemento scultoreo che quello pittorico è la scultura che fa nascere la pittura perché è proprio dalla parte vuota che scaturisce la forma pittorica che entra in relazione con lo spazio circostante e definisce la costruzione dell’opera.

La solidità della scultura si unisce così alla liquidità della pittura senza interruzioni o fratture compositive ma, al contrario, stabilendo un preciso percorso di unificazione formale, strutturale e progettuale.

A.T. 2000

Nel costruire la pittura ci si chiede sempre quale spazio dedicare al progetto, al colore, alI’immagine e a tutto ciò che ci condurrà al risultato finale. Spesso questi presupposti vengono meno perché c’e sempre qualcosa che ci accompagna nell’esecuzione, un qualcosa che sfugge, che è celato nel nostro pensiero ed affiora, anzi si afferma in modo perentorio man mano che il lavoro va avanti.

Infatti, possiamo dire che, la pittura si costruisce non con una fredda elencazione degli strumenti che abbiamo usato, che possono essere pochi o molti, ma proprio con quella parte che sfugge, con quell’assenza che poi si rivelerà tanto preziosa ed importante.

L’immagine che scaturisce da questa impostazione è un’immagine svuotata, interna, non materiale che si identifica più con il pensiero che con l’azione, più con il progetto che con l’oggetto, più con il vuoto che con il pieno.

Non si tratta, quindi, di stare davanti o dietro all’immagine, ma di esserci dentro e vedere all’interno di essa, perché solo cosi avremo la possibilità di osservare e, quindi, di agire in modo diverso ed arrivare ad una nuova struttura che ci farà vedere, ma soprattutto capire la nuova pittura.

A.T. 1997

La pittura che si regge su presupposti minimi è di per sè una  pittura mirante alla riduzione; riduzione che va intesa non come elemento “mancante”, ma al contrario, come “presenza” costruita strutturalmente attraverso processi pittorici che puntano più alI’ essenziale, alla “pelle”, piuttosto che al pieno e al “corpo”.

La “pelle”, o superficie, si contrappone cosi al “corpo”, o materia. Il risultato di questo lavoro porta ad un’opera tutta giocata sul filo di una costruzione frontale che si pone come elemento portante della superficie stessa divenuta cosi autonoma ed autosufficiente.

Quindi, superficie non più intesa come un “campo” dove agiscono o si depositano i “segni” e le motivazioni più eclettiche, ma come superficie-filtro dove il colore viene assorbito, asciugato del suo cromatismo stesso, per fissare cosi sulla tela la sua ombra, la sua “impressione”.

Superato il concetto del “colore-emozione” o del colore inteso come spettro luminoso, si arriva al “nero-colore” che, attraverso minimi scarti di luce ricavati dal fondo stesso della tela, contribuisce alla costruzione del quadro anziché all’annullamento della superficie dell’ opera.

Attraverso procedimenti riduttivi, sintetici, si cerca la fisicità dell’opera sino ad arrivare ad una “piattezza” che nulla concede alla materia, e si cerca il colore nel nero, divenuto luce-opaca di una pittura le cui motivazioni si trovano nella costruzione stessa dell’opera.

A.T. 1987

Al posto di segni umani, emozionali e caldi, segni meccanici, freddi e ossessivi. Nascono così i tracciati urbani: sbarramenti ed incroci scaturiti dai pneumatici dell’auto, precedentemente dipinti di nero, qualche rara volta di bianco, che violentano le grandi tele bianche o nere, che tolgono il respiro, che respingono.

Il corpo, il peso, la materialità della macchina schiaccia la leggerezza, la purezza delle tele o dei fogli, lasciando un marchio indelebile e sinistro.

A.T. 1979