I “TRACCIATI URBANI” di Alfonso Talotta
Non è mai troppo tardi per scoprire qualcosa di convincente e di profetico nel campo delle scritture visuali. Per caso ho recentemente visto, in un catalogo del viterbese Alfonso Talotta – che non conoscevo – alcune riproduzioni dei “tracciati urbani” da questo artista prodotti nel ’79, quando egli aveva 22 anni. Sono impronte di pneumatici, fissate direttamente in tele stese sull’asfalto; tele scritte, così, dalle ruote stesse (inchiostrate di nero acrilico) di un’automobile da lui guidata. Lunghe linee di impronte parallele, ben riconoscibili, come righe di una scrittura modulata dalle asperità della superficie stradale; una testimonianza sintetica, originale e chiarissima, di una condizione esistenziale di mutismo poetico nell’era della macchina.
Non sorprende che questo artista fosse vivamente stimato da Filiberto Menna, né che egli, dopo una così matura, pienamente raggiunta espressione, abbia abbandonato il campo dell’azione novopoetica, per operare meno spericolatamente in ambito plastico e pittorico, al riparo da così inedite sperimentazioni.
Sono lieta di poter riproporre oggi, a una audience competente e non più distratta, questi freschissimi “incidenti” postscritturali e postpittorici ormai “storici”, di marca dadaista.
Mirella Bentivoglio, 2013